Impatto e recupero dell'asteroide 2008-TC3

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  1. trfkad
     
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    Intorno alla mezzanotte del 6 ottobre 2008 un puntino bianco cominciò a lampeggiare sullo schermo del pc di Richard Kowalski, all'osservatorio di Mount Lemmon in Arizona. Kowalski aveva visto centinaia di quei puntini negli ultimi 3 anni, scandagliando il cielo alla ricerca di asteroidi che potessero avvicinarsi alla terra. Anche quella notte seguì l'oggetto e ne trasmise le coordinate al Minor Planet Center di Cambridge, Massachussetts, prima di spegnere il telescopio e andarsene a casa. Mentre albeggiava, prima di andarsene a dormire, controllò la risposta del centro: sul sito web compariva la sua segnalazione, ma stranamente era priva dei soliti dettagli.
    Tim Spahr, direttore del Minor Planet Center, capì il perchè quella stessa mattina: il software del centro calcola automaticamente le orbite degli asteroidi, ma quello, battezzato dal software 2008TC3, era insolitamente vicino alla terra. "Non appena ho calcolato l'orbita manualmente - racconta Spahr - ho capito che ci avrebbe colpito."
    La luminosità di 2008TC3 lasciava pensare che fosse grande solo pochi metri, e supponendo che fosse un comune asteroide roccioso si sarebbe frammentato disintegrandosi a contatto con l'atmosfera. Nonostante questo, Spahr aveva delle procedure da seguire. Chiamò Lindley Johnson, capo del Near Earth Object Observations programme, a Washington.
    "Hey Lindley, indovina perché ti chiamo?" La risposta di Johnson fu: "Ci stanno per prendere a calci?"
    Spahr chiamò anche l'astronomo Steve Chesley del Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena, California, che in quel momento aspettava i figli all'uscita di scuola. Chesley si precipitò in ufficio, ripetè il calcolo dell'orbita e rimase sorpreso di vedere la probabilità d'impatto al 100%. "Non mi era mai successo in tutta la mia vita". Secondo i suoi calcoli l'asteroide avrebbe colpito la terra meno di 13 ore dopo, alle 2:46 UT del giorno successivo; luogo dell'impatto il nord del Sudan, alle 5:46 a.m. ora locale. Mandò il risultato al quartier generale della NASA e al Minor Planet Center, che spedì un avviso via mail ad un gruppo di astronomi di tutto il mondo. Nel frattempo il Near Earth Objects Dynamic Site di Pisa, in Italia, confermava a sua volta la previsione dell'impatto.

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    Nonostante diversi piccoli oggetti come 2008TC3 colpiscano la terra ogni anno, i ricercatori non ne avevano mai identificato uno prima dell'impatto. La scoperta di Kowalski dava così l'opportunità di studiare un impatto in tempo reale, se gli astronomi fossero riusciti ad organizzarsi abbastanza velocemente.
    E-mail e telefonate cominciarono a susseguirsi per coordinare le osservazioni dell'asteroide. Per tutto il giorno le osservazioni continuarono ad arrivare al Minor Planet Center, che rilasciava nuovi dati e calcoli dell'orbita diverse volte all'ora. La NASA avvisò le altre agenzie governative, compresi i dipartimenti di stato e della difesa. Circa un'ora prima dell'impatto l'asteroide si immerse nel cono d'ombra della terra nascondendosi alla vista dei telescopi ottici. Sino a quel momento astronomi di 26 osservatori di tutto il mondo avevano raccolto circa 570 osservazioni, stimando l'ora dell'impatto con un margine d'errore di 15 secondi.
    Mentre il conto alla rovescia proseguiva, Jacob Kuiper si affrettava. Kuiper, meteorologo dell'aviazione in servizio al Royal Netherlands Meteorological
    Institute di De Bilt, aveva avuto la notizia dell'asteroide via mail. Era preoccupato che nessuno potesse osservare l'esplosione nello scarsamente popolato deserto della Nubia.
    Meno di 45 minuti prima dell'impatto si accorse di poter contattare Air France-KLM, che poteva avere aerei in volo sul nord-Africa. Circa 10 minuti dopo il pilota Ron de Poorter riceveva un messaggio nell'abitacolo del volo KLM 592 partito da Johannesburg e diretto ad Amsterdam. Il messaggio dava latitudine e longitudine del presunto punto d'impatto. De Poorter calcolò che sarebbe stato circa 1400 chilometri lontano, eppure all'ora prevista lui e il suo copilota abbassarono le luci in cabina e cominciarono a scrutare il cielo in direzione nordest.

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    Lontano dall'aereo, l'asteroide 2008TC3 colpiva la sommità dell'atmosfera a circa 12400 metri al secondo. La collisione scaldò la superficie esterna della roccia, vaporizzandola. L'impatto delle molecole d'aria con gli atomi della roccia creò un flash luminoso che illuminò il deserto sottostante. Meno di 20 secondi dopo il suo ingresso in atmosfera, 2008TC3 si frantumò in una serie di esplosioni, lasciando una scia di polvere calda.
    Dall'abitacolo del suo aereo, De Poorter vide bagliori di luce giallognola e rossa lungo l'orizzonte, come lontani colpi d'artiglieria. Il rumore dell'esplosione nel frattempo svegliava il controllore di una stazione ferroviaria nel Sudan, mentre in un villaggio al confine con l'Egitto i fedeli che tornavano dalla preghiera del mattino videro una palla di fuoco brillare e precipitare.
    Ma anche occhi elettronici stavano guardando. I satelliti del governo americano seguivano la roccia da quando era a 65 Km di altezza. La osservava anche un satellite meteorologico europeo, mentre un gruppo di sensori in Kenia, normalmente usati per monitorare eventuali esplosioni nucleari, ricevevano dal luogo dell'esplosione onde sonore in bassa frequenza, dalle quali si poteva calcolare la potenza dell'esplosione, pari a circa un decimo della bomba atomica di Hiroshima. I dati ricevuti dai satelliti mostravano la validità della previsione del punto d'impatto. "Non avevamo mai avuto una prova così concreta che tutto funzionasse a dovere", disse Chesley.

    Ma per Peter Jenniskens, astronomo del SETI Institute di Mountain View, California, quella luce spettacolare non era abbastanza. Per settimane dopo l'impatto aveva aspettato che qualcuno annunciasse di aver trovato pezzi dell'asteroide, senza sentire nessuno. "Qualcuno dovrebbe fare qualcosa", diceva.
    All'inizio di Dicembre volò in Sudan e si incontrò con Muawia Hamid Shaddad, astronomo dell'Università di Khartoum, che aveva raccolto fotografie delle esplosioni fra la popolazione locale. Insieme si recarono nella cittadina di Wadi Halfa, chiedendo ai residenti se avessero visto l'esplosione nel cielo. Le testimonianze raccolte convinsero Jenniskens che la roccia si fosse disintegrata nell'atmosfera, e i suoi frammenti dovessero trovarsi a sud ovest della stazione 6, una piccola stazione ferroviaria nel deserto della Nubia.
    A partire dal 6 Dicembre Jenniskens e Shaddad guidarono un gruppo di 45 studenti dell'Università di Khartoum nell'esplorazione dell'area. I membri del team si disposero a circa 20 metri l'uno dall'altro lungo una striscia larga oltre un chilometro, in un mare di sabbia con rocce, colline e aridi letti di fiume battuti dal vento. Accompagnati da 4 automobili e con una troupe di Al Jazeera al seguito, la linea dei ricercatori avanzava lentamente verso est, come un lunghissimo pettine che venisse passato sulle sabbie del deserto.

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    Verso la fine della giornata un'auto si avvicinò a Jenniskens con la notizia che uno studente aveva ritrovato un possibile frammento. "Mi ricordo di aver pensato: no, di nuovo!", racconta Jenniskens che già aveva dovuto far fronte ad altri falsi allarmi. Quello studente aveva trovato un frammento largo circa un centimetro e mezzo, con una superficie esterna sottile e vetrosa. Quella superficie era la conseguenza dello scioglimento e successiva risolidificazione della roccia, e il colore totalmente nero suggeriva che fosse appena caduta. Era la prima volta che degli scienziati recuperavano il frammento di un asteroide dopo averlo osservato mentre era ancora nello spazio.

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    Nei giorni successivi sono stati trovati altri frammenti, sino ad un totale di circa 280 e diversi Kg di peso. Successivi esami eseguiti in vari laboratori hanno confermato trattarsi di campioni di ureiliti, un tipo di meteoriti proveniente da asteroidi che si sono fuse nello spazio.

    Mentre questi campioni vengono studiati in laboratorio, Kowalski e i suoi colleghi sono ancora al lavoro. La notte successiva all'osservazione di 2008TC3 Kowalski è tornato a Mount Lemmon, si è scaldato la cena e si è seduto nella sala di controllo del telescopio. Mentre la sua scoperta atterrava sul deserto dall'altra parte del mondo, Kowalski sorvegliava un'altra zona del cielo, aspettando il prossimo puntino bianco.

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    Fatti, luoghi e persone citate in questo articolo sono assolutamente reali.
    Fonte: rivista Nature del 26-3-2009




     
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  2. osirion
     
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    Bella questa storia, mi immagino quei poveracci che sono andati a cercare nel deserto però (beh in effetti sarebbe stato emozionante :P)
     
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  3. trfkad
     
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    Beh, il tipo nella penultima foto (che poi sarebbe Jenniskens) sembra decisamente contento di essere lì.
    Chissà invece gli studenti universitari. Magari gli scontano i crediti di qualche esame...

    Grazie della risposta, non ero sicuro che questo forum fosse ancora vivo... :)
     
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  4. Fenice_Rossa
     
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    già poveri studenti...loro forse erano un po' meno felici di essere li! :P
     
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  5. black Lillo
     
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    http://j-horror.forumcommunity.net/

    Ti piacciono i film horror made in japan? adori la cultura giapponese?
    Visitaci in questo forum! J-Horror Mania non parla solo di horror giapponese, ma anche di cinema Coreano, Thailandese, Cinese e Asiatico in generale!

    Ti aspettiamo! :lol: :lol: :lol:
     
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  6. Dark Mind
     
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    questo è spam...non è nobile pubblicizzare il proprio forum(fosse questo granchè ma si parla di film horror e pure giapponesi) su un forum morente di un grado di informazione molto superiore al tuo..vedrò di segnalarti...per colpa di questo simpaticone rimetto il link:
    http://lascienza.forumcommunity.net/

    questo forum è molto più organizzato e anche se più sotto in classifica ha già molte discussioni più di questo che aspettano nuovi appassionati.
     
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5 replies since 3/4/2009, 15:35   224 views
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